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    Ludendo Docere
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    Strategie d'assedio

    Brandubh

    Il Brandubh è una variante irlandese dei giochi della famiglia Tafl, cui appartiene anche il Hnefatafl. Viene giocato su un tavoliere 7x7 con tredici pezzi in totale. Dai ritrovamenti archeologici, il più importante del quale è sicuramente quello di Ballinderry e dai poemi irlandesi in cui questo gioco viene citato, si sa che risale a circa il X secolo d.C.
    Di quest’epoca è, infatti, l’elaborata tavola ritrovata a Ballinderry nel 1932, la quale presenta dei buchi ove fissare le pedine, forse per consentire la portabilità del gioco, anche per il ritrovamento oggi conservato al Waterford Treasures Reginalds Tower Museum.
     
    Scopo del gioco: A differenza della maggior parte dei giochi, in cui entrambi i giocatori hanno gli stessi pezzi, le stesse mosse e gli stessi obiettivi, quelli appartenenti alla famiglia “Tafl” sono sbilanciati avendo uno scopo diverso per ciascun giocatore.
    Il gioco rappresenta un assedio dove il numero degli Assedianti, è il doppio di quello degli Assediati.
    Gli Assediati devono portare il Re in una delle Basiliche, gli Assedianti devono impedirlo e catturare il Re. Questo può avvenire sia con l’eliminazione della pedina del Re, sia ottenendo la resa degli Assediati.

    €50

    Gioco vichingo/celtico

    Numero di giocatori:
    Durata: 30' - 45'
    Materiali: Legno 
    Misure: cm 20 x 20 x 2,5

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    Un po' di storia
    Brandubh, in antico irlandese, significa “Corvo Nero”, ma non è noto a cosa si debba questo nome, tuttavia era un gioco molto apprezzato in Irlanda, tanto più che venne citato anche in due poemi famosi: nel Acallam na Senórach del 12° secolo e nel Abair riom a Eire ogh del 14° secolo, grazie ai quali sappiamo il numero di pedine con cui veniva giocato, sia il fatto che per vincere la partita il difensore deve portare il re in una delle quattro caselle d’angolo.
    Oltre a questo, però, non è stato possibile ricostruire le restanti regole, quindi la loro ricostruzione è stata basata sulle regole del Tablut trascritte dal Carl Linneus nel 1721.

    Nonostante le dimensioni ridotte del tavoliere e la velocità di gioco, il Brandubh propone un innegabile esercizio tattico e strategico dove il primo errore porta molto spesso alla sconfitta. Il numero esiguo di pezzi fa sì che ciascuno si trovi spesso sia a difendere che ad attaccare nello stesso momento; in queste condizioni è facile dimenticarsi uno di questi due compiti e rischiare di perdere.

    ATTENZIONE: Non adatto ai bambini di età inferiore ai 3 anni. Contiene parti piccole che possono creare un rischio di soffocamento, è richiesta quindi la supervisione di un adulto.


    Seejeh

    Il Seejeh è un gioco egiziano per due giocatori molto antico, le cui origini sono incerte, e che tuttavia nel corso del XIX sec. veniva ancora giocato dai beduini, i nomadi del deserto, pertanto le regole sono note.
     
    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è eliminare tutti i pezzi dell'avversario. Il giocatore i cui pezzi vengono eliminati perde la partita e l'avversario è il vincitore.
    Il giocatore vince quando lascia l’avversario con 1 sola pedina o, in caso di stallo (cioè quando nessuno dei due giocatori riesce più a fare una mossa), chi ha in campo più pedine.
    .

    €80

    Gioco Egizio

    Numero di giocatori:
    Durata: 30'
    Materiali: Legno e pasta vitrea
    Misure: cm 19 x 19 x 2,5

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    Un po' di storia
    Il Seejeh è un gioco egiziano per due giocatori molto antico, le cui origini sono incerte, e che tuttavia nel corso del XIX sec. veniva ancora giocato dai beduini, i nomadi del deserto, pertanto le regole sono note.

    Sono state ritrovate delle tavole del Seejeh incise sulla pietra di diversi templi egizi risalenti al 1300 a.C., purtroppo non c’è modo di sapere se queste incisioni siano state fatte dagli operai all’opera durante la costruzione di detti templi o in epoche più tarde.

    Questo gioco, dicevamo, essendo molto antico presenta alcune variazioni nel nome e nelle regole dovute al trascorrere del tempo. Altri nomi con cui questo gioco è noto sono: Seega e Sija, per esempio, e denotano anche l’area di diffusione del gioco, che andò dal nord Africa al Medio Oriente.

    Il Seejeh veniva giocato soprattutto dai poveri e dai nomadi egiziani, non aveva una tavola di gioco o pezzi ricercati come altri giochi antici come il Senet, il gioco delle 20 caselle, il Mehen o il Cani e sciacalli, tutti giochi, questi, praticati per lo più dai ricchi e dai faraoni. Per giocare a Seejeh, invece, i contadini o i beduini incidevano la pietra o la disegnavano sulla sabbia e usavano sassi di due colori diversi.

    Una cosa che si nota dalle iscrizioni è che mentre i nobili e i ricchi giocavano molto d’azzardo, i poveri preferivano praticare giochi di strategia privi della componente casuale.

    Le regole giunte fino a noi sono state tramandate oralmente dai tempi antichi nelle popolazioni beduine egiziane e tra i contadini; vennero osservate e annotate nel XIX sec. da Edward William Lane, un arabista inglese che soggiornò a lungo in Egitto negli anni ’20 e ’30 dell’Ottocento.

    Al termine dei suoi viaggi, Lane pubblicò il saggio “An account of the manners and customs of the modern Egyptians”, nel quale descrisse le regole di gioco del Seejeh e di molti altri giochi, tuttavia pur registrando anche alcune strategie, non le comprese. Un’analisi strategica del gioco venne fatta a fine secolo, nel 1890, da H. Carrington Bolton nel suo articolo “Seega, an Egyptian game”, ma difettava di uno studio delle regole di gioco. Infine, nel 1892, Edward Falkener combinò entrambi i lavori nel suo libro “Game ancient and oriental, and how to play them” che rese definitivamente popolari in Europa e nel mondo occidentale molti giochi antichi.

    Dai vari scavi archeologici e dagli studi antropologici effettuati nel corso del XIX e del XX secolo sono stati rinvenuti piani di gioco del Seejeh di diverse dimensioni: 5x5, 7x7 e anche 9x9. Di conseguenza varia il numero di pedine totali, rispettivamente: 24, 48 e 80, divise in due colori.

    Tavola Reale di Ur

    La Tavola Reale di Ur, altrimenti noto come Gioco Reale di Ur, è quello che può essere considerato a tutti gli effetti il gioco più antico del mondo le cui regole, per quanto postume, sono giunte fino a noi.

    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è far completare il percorso a tutte e sette le proprie pedine impedendo all’avversario di fare altrettanto.



    €80

    Gioco Sumero

    Numero di giocatori: 2
    Durata: 30-45'
    Materiali: Legno
    Misure: cm 23 x 9,5 x 3,5

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    Un po' di storia
    L’esemplare più noto, e da noi riprodotto, è quello conservato al British Museum, estratto nello scavo archeologico del 1926 – 1927 da Sir Leonard Woolley dalle tombe reali della città-stato sumera di Ur (nell’attuale Iraq), da cui prende il nome. Questo reperto è datato a circa il 2500 a.C. e per questo a molti verrebbe da dire che il Senet egiziano è ben più antico, tuttavia a Shahr-i Sokhta (in Iran) sono stati rinvenuti di recente degli esemplari non integri risalenti al 3200 a.C., oltre a frammenti probabilmente anche più antichi e, ne consegue, che anche le sue origini siano avvolte dal mistero.

    La rarità del ritrovamento era la sua completezza: Woolley e la sua squadra, infatti, ritrovarono tre plance di gioco e, nei cassettini interni a esse, sette pedine bianche, sette pedine nere e sei dadi piramidali. Tutti e tre gli esemplari presentano decorazioni differenti sulla plancia di gioco a parte il ripetersi sempre uguale delle caselle con la “rosetta”, se ne deduce che i vari simboli possano non avere alcun significato di gioco oppure, cosa più probabile, che ne avessero uno andato perduto.

    La meraviglia di questi ritrovamenti è destata senza alcun dubbio dalla qualità degli intarsi: conchiglie, corniola e lapislazzuli decorano il tabellone di legno, mentre le pedine nere di ardesia sono intarsiate con madreperla e quelle bianchi con lapislazzuli. Anche i dadi presentano un intarsio in madreperla su due dei quattro vertici. Ma, la cosa più spettacolare, è che a differenza di quasi tutti gli altri giochi di tale epoca, per il Gioco Reale di Ur abbiamo però delle istruzioni!

    Sembra incredibile, ma nel 1880 in Iraq è stata rinvenuta una coppia di tavolette in cuneiforme del 177-176 a.C., scritte dallo scriba babilonese Itti-Marduk-Balatu dove racconta la filosofia del gioco, descrive il set di gioco completo e accenna a qualche mossa. Le tavolette sono rimaste un mistero irrisolto per storici e archeologi fino a quando non è stato possibile tradurre il cuneiforme e, quindi, decifrarla. Anch’esse sono conservate al British Museum, dove nel tempo hanno cambiato collocazione, andando a sistemarsi fiere accanto ai set di gioco.

    Certo, la discrepanza di tempo tra la datazione del più antico reperto di gioco e quella delle sue istruzioni è grande e lascia ben intendere che le regole si siano evolute in quei due-tre millenni, tuttavia ci dà anche la misura di quanto popolare sia stato questo gioco e i suoi eredi (dall’egiziano Aseb al gioco delle venti caselle di Jiroft, ecc.) e quanto sia stato longevo esso stesso.

    In definitiva la Tavola Reale di Ur ripropone un gioco di percorso per due giocatori con una strettoia in cui le pedine si muovono su caselle comuni e in cui i due giocatori non escluderanno colpi per eliminare le tessere avversarie e farle ripartire dall’inizio mentre si procede a far uscire sane e salve le proprie.

    Per innumerevoli anni costruttori di giochi e studiosi si sono dati da fare per comprendere delle meccaniche di gioco affidabili, quelle più attendibili sono state per lungo tempo quelle estrapolate da R. C. Bell, fino a quando Irving Finkel, curatore dell’area mesopotamica del British Museum, non tradusse le tavolette in cuneiforme dandone una sua variante.

    Anche il russo Dmitriy Skiryuk, studioso e appassionato creatore di giochi da tavolo, ne ha fatto una sua ricostruzione, dando anche a ciascuna casella un significato preciso, tuttavia non sembra aver tenuto conto della pluralità dei ritrovamenti e della diversità dei decori delle plance di gioco.


    Tavola Astronomica

    La Tavola Astronomica, altresì nota come Gioco delle Tavole con l'Astronomia, è un gioco medievale risalente alla fine del 1200, descritta nel Libros de los juegos da Alfonso X "il Saggio" re di Spagna.

    Scopo del gioco: Scopo del gioco è vincere la posta di gioco versata al banco dai giocatori, eliminando tutte le pedine avversarie.

    €290

    Gioco Medievale

    Numero di giocatori: 2-7
    Durata: 45-90'
    Materiali: Legno
    Misure: cm 40 x 40 x 7 

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    Un po' di storia
    La Tavola Astronomica è un gioco che entra a pieno titolo in quella che viene definita famiglia delle Tabulae, una serie di giochi di percorso derivanti dal più antico Tabula romano, considerato l’antenato del moderno backgammon.

    Scomparsi dall’area europea con la caduta dell’impero romano, i giochi delle tavole tornarono con i Crociati dall’oriente dove nel frattempo si erano diffusi raggiungendo anche Cina e Giappone.

    Nel 1283 Alfonso X “el Sabio”, re di Spagna, conclude i lavori al suo Libros de los juegos, un’accurata ricerca fatta da un’equipe di studiosi e amanuensi che il sovrano diresse di persona e a cui contribuì di persona partecipando anche alla stesura di alcune parti e alla revisione finale del testo. Come lavoro durò forse più di vent’anni, come data certa abbiamo difatti quella in cui venne completata, il 1283 appunto, ma non sappiamo quando davvero questo lavoro di ricerca ebbe inizio.

    In quest’opera, il re spagnolo descrisse tutti i giochi più in voga all’epoca e del gioco della Tabula indicò ben quattordici varianti; famosi diventarono quelle per più giocatori: la Tavola delle Quattro Stagioni e la Tavola Astronomica, rispettivamente per un massimo di quattro e sette giocatori.

    La caratteristica della Tavola Astronomica sta soprattutto nel suo forte legame al numero 7, considerato magico e di buon auspicio: sette sono i giocati, come sette sono i lati del tavoliere e le posizioni di ciascun lato, sette sono le pedine di ciascun giocatore e sette le poste di riscatto, tante quante le pedine, e sette è la posta del banco, la somma delle poste di ogni giocatore messa sul tavolo per il vincitore. Sette pedine, sette lati, sette caselle come sette erano i pianeti in cielo e che vengono quindi riportati con il proprio spicchio di cielo sul tavoliere.

    A differenza del gioco della Tabula, questo denota una maggiore complessità in quanto le strategie di gioco cambiano all’aumentare del numero dei giocatori e il fattore aleatorio del lancio dei dadi perde quasi d’importanza rispetto alla logica di movimento da attuare sulla base del lancio. Il gioco diventa quindi anche più veloce e divertente, con tanto di alleanze e tradimenti tra i giocatori.

    Da notare come la nota d’azzardo delle poste richiami la pratica tipica del Medioevo del riscatto alla quale, con buona probabilità, si è ispirato l’ideatore della meccanica: difatti, alla cattura di una pedina, il giocatore che l’ha persa la può riscattare pagandola con una delle monete a sua disposizione, proprio come si faceva quando in battaglia un cavaliere veniva catturato: la famiglia pagava un riscatto per la sua libertà.
    Sebbene la sua origine sia incerta, pare che questa precisa evoluzione fosse stata voluta dallo stesso Alfonso X di Spagna, molto legato al significato esoterico del numero 7, è certo che restò in auge per quasi mezzo millennio, giungendo sui tavoli di gioco del ‘700.


    Terni Lapilli

    Terni lapilli è un gioco dell’antica Roma, per due giocatori, conosciuto anche come Rota, per la forma circolare della sua “tabula”, il piano di gioco, che ricorda per l’appunto una ruota.

    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è sistemare tre pedine in fila lungo il bordo circolare o lungo i diametri.

    €40

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    Gioco Romano

    Numero di giocatori: 2
    Durata: 10'
    Materiali: Legno e pasta vitrea
    Misure: cm 16 x 16 x 5,5 

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    Un po' di storia
    I ritrovamenti archeologici mostrano che fosse disegnato in molte forme, a tabella, a incroci, ma la forma più diffusa è quella a cerchio. I ritrovamenti sono molteplici, sugli anfiteatri, sui pavimenti dei monumenti pubblici e sui gradini di numerosi teatri.

    È l’antenato dei moderni tris (noti anche come tic tac toe o crocette e cerchietti), ma con regole diverse che rendono il gioco molto più interessante rispetto alla versione attuale. Data la sua semplicità si consiglia come gioco propedeutico alla logica del gioco da tavolo.

    Il Terni lapilli viene citato da Ovidio sia nel suo “Ars Amatoria”, sia nel “Tristia”. La citazione più accreditata è quella sulla caducità della vita paragonabile a una partita di Terni lapilli. Nelle stesse opere, l’autore latino descrive un piano di gioco, tuttavia è opinione di molti storici che si riferisca a un altro gioco, in quanto descrive il piano di gioco come “diviso in tante sezioni quanti sono i mesi dell’anno”, ma dobbiamo ricordare che Ovidio scrisse queste opere prima che Giulio Cesare riformi il calendario (che prima era, per l’appunto, di soli dieci mesi).

    La ricostruzione delle regole, invece, è molto più attuale di quanto si pensi. Nessuno degli autori antichi, né degli storici del tempo hanno scritto qualcosa in merito, tuttavia l’Impero Romano era molto esteso e molte vie carovaniere partivano dai confini verso paesi sconosciuti. Questo lo sappiamo per alcuni ritrovamenti, tra cui anfore e soprattutto monete romane anche in Cina!

    Non stupisce quindi se in Ghana si sono ritrovati giochi tuttora in uso presso gli Ashanti i quali dicono essere arrivato lì da oltre il deserto (il Sahara, n.d.a.) ed è proprio dal Ghana che abbiamo potuto ricostruire le regole di gioco.

    La caratteristica più interessante di questo gioco è che pur essendo di pura strategia è molto rapido nel giungere a una conclusione e non può mai finire in parità, deve avere sempre un vincitore.

    Terni Lapilli

    Terni lapilli è un gioco dell’antica Roma, per due giocatori, conosciuto anche come Rota, per la forma circolare della sua “tabula”, il piano di gioco, che ricorda per l’appunto una ruota.

    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è sistemare tre pedine in fila lungo il bordo circolare o lungo i diametri.



    €15

    Gioco Romano

    Numero di giocatori: 2
    Durata: 10'
    Materiali: Legno e pelle
    Misure: cm 23 x 23 

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    Un po' di storia
    I ritrovamenti archeologici mostrano che fosse disegnato in molte forme, a tabella, a incroci, ma la forma più diffusa è quella a cerchio. I ritrovamenti sono molteplici, sugli anfiteatri, sui pavimenti dei monumenti pubblici e sui gradini di numerosi teatri.

    È l’antenato dei moderni tris (noti anche come tic tac toe o crocette e cerchietti), ma con regole diverse che rendono il gioco molto più interessante rispetto alla versione attuale. Data la sua semplicità si consiglia come gioco propedeutico alla logica del gioco da tavolo.

    Il Terni lapilli viene citato da Ovidio sia nel suo “Ars Amatoria”, sia nel “Tristia”. La citazione più accreditata è quella sulla caducità della vita paragonabile a una partita di Terni lapilli. Nelle stesse opere, l’autore latino descrive un piano di gioco, tuttavia è opinione di molti storici che si riferisca a un altro gioco, in quanto descrive il piano di gioco come “diviso in tante sezioni quanti sono i mesi dell’anno”, ma dobbiamo ricordare che Ovidio scrisse queste opere prima che Giulio Cesare riformi il calendario (che prima era, per l’appunto, di soli dieci mesi).

    La ricostruzione delle regole, invece, è molto più attuale di quanto si pensi. Nessuno degli autori antichi, né degli storici del tempo hanno scritto qualcosa in merito, tuttavia l’Impero Romano era molto esteso e molte vie carovaniere partivano dai confini verso paesi sconosciuti. Questo lo sappiamo per alcuni ritrovamenti, tra cui anfore e soprattutto monete romane anche in Cina!

    Non stupisce quindi se in Ghana si sono ritrovati giochi tuttora in uso presso gli Ashanti i quali dicono essere arrivato lì da oltre il deserto (il Sahara, n.d.a.) ed è proprio dal Ghana che abbiamo potuto ricostruire le regole di gioco.

    La caratteristica più interessante di questo gioco è che pur essendo di pura strategia è molto rapido nel giungere a una conclusione e non può mai finire in parità, deve avere sempre un vincitore.

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