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    Ludendo Docere
    Scoprire la Storia giocando

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    Paluc

    Il Paluc si diffuse in tutta la parte centrale del continente americano nel corso dei primi secoli dopo Cristo, tuttavia non vi sono fonti storiche attendibili sulla sua reale antichità in quanto andate perdute con l’invasione degli spagnoli che, soprattutto per quanto riguarda la tradizione Maya, fecero uno scempio culturale lasciando ai posteri ben poco rispetto a quanto disponibile all’epoca.

    Scopo del gioco: Scopo del Paluc, oltre alla natura rituale dello stesso, è catturare tutte le pedine della fazione avversaria.

    €65

    Gioco Maya

    Numero di giocatori: 2
    Durata: 30 - 60 minuti
    Materiali: Legno
    Misure: cm 19 x 19 x 3

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    Un po' di storia
    Stando ai primi cronisti spagnoli, comunque, il gioco d’azzardo sembrava essere diffuso ovunque tra le popolazioni precolombiane, in special modo tra i Maya e gli Aztechi. Molte sono le descrizioni del Patolli azteco, e questo grazie al lavoro egregio di due missionari spagnoli che impararono la lingua nahuatl e studiarono detti, usi, costumi e teogonia azteca. Grazie al lavoro del frate domenicano Diego Durán e del benedettino Bernardino de Sahagún molte di queste antiche testimonianze sono giunte fino a noi. Ma furono ben poca cosa, ricordiamo che alla maggior parte degli storici dell’epoca, e soprattutto dei frati andati nel Nuovo Mondo per portare la parola di Cristo, non era di alcun interesse studiare e approfondire i legami storico-religiosi e culturali dei giochi e delle popolazioni che li praticavano. In effetti, gli spagnoli si limitarono a vietare i giochi tradizionali e a soppiantarli con quelli importati dall’Europa.

    I giochi in cui i semi di mais o i fagioli (in lingua azteca: petol, da cui deriva il nome del gioco, patolli) venivano utilizzati come dadi, però, erano comunissimi nell’antichità americana e non sono mai stati del tutto estirpati dall’arrivo della cultura del Vecchio Mondo, tant’è vero che in alcune regioni del Belize, tra la gente Mopan di antica stirpe Maya, ancora oggi si usa giocare a bul, anche noto come puluc o Paluc.

    Le meccaniche e gli aspetti culturali di questi giochi precolombiani sono stati studiati nel corso XX secolo, grazie allo storico Stewart Culin che descrisse il bul giocato dai Maya K’ekchi’ dell’Alta Verapaz in Guatemala; l’etnografo Karl Sapper descrisse a sua volta un gioco simile, chiamato puluc che aveva osservato sia con i K’ekchi’, sia con altre tribù del Nord America centrale. Lo stesso R. C. Bell prese la descrizione di Sapper per costruire una meccanica giocabile del Paluc, descritta nel suo “Il libro dei giochi da tavolo” del 1960.

    Nessuna di queste testimonianze parla però delle varianti menzionate da Lieve Verbeeck nel suo studio del 1998, tutte tra l’altro molto interessanti, ma probabilmente di origine molto recente; né gli autori di inizio ‘900 hanno mai fatto riferimento al carattere cerimoniale del gioco che Verbeeck riporta come testimonianza diretta della sua esperienza in Belize tra i Mopan.

    Nel libro di Bell, il Paluc viene classificato come un gioco di “lotta e corsa”, una delle sottoclassi della categoria “giochi di guerra”, tuttavia non è chiaro questo limite dal momento che, seguendo la classificazione di de Voogt, tutte e quattro le descrizioni del gioco da tavolo Maya rientrano a tutti gli effetti nella classe dei giochi di guerra, basati sullo scopo di distruggere l’avversario e per questa sua natura, quindi, presenta delle meccaniche di base del tutto estranee ai classici giochi europei e del bacino del Mediterraneo, rendendolo ai nostri occhi unico.

    Agli occhi degli spagnoli conquistatori, che non badavano molto alle differenze tra Maya, Tarasco, Tlaxaltechi e Aztechi, poteva rappresentare una versione su tavoliere della tradizione Azteca chiamata “guerra fiorita” o “guerra dei fiori”, il cui scopo era quello di catturare prigionieri da sacrificare agli dei, dal momento che tutti i popoli meso-americani, e in particolare Maya e Aztechi, ebbero culti sanguinari che prevedevano sacrifici umani. Il tutto era culturalmente calato in una commistione magico-esoterica per cui l’essere sacrificato alla divinità diventata fonte di orgoglio e onore più che di terrore e dispiacere. Tuttavia, nella loro superba ignoranza, i conquistadores fecero anche molta confusione.

    Ma è quasi sicuramente da questo aspetto rituale e cerimoniale che deriva la caratteristica di non avere un numero definito di giocatori; in realtà, l’importante è che siano in numero pari per dividersi in due fazioni, o squadre, che lottano per la supremazia dell’una o dell’altra parte.

    Fidchell


    Il Fidchell è un gioco celtico di origini irlandesi/gallesi le cui radici affondano nel mito, viene infatti citato nei poemi irlandesi, ma i dettagli di questo gioco non sono noti e, dal momento che la tradizione e i miti celti erano tramandati per via orale, purtroppo non ci è dato sapere di più di quanto le rare fonti, per lo più romane, antiche riportano.

    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è creare un percorso continuo di pedine che uniscano, in qualunque forma e lunghezza, il re posto al centro del tavoliere con la circonferenza esterna evitando che lo faccia l’avversario.

    €120

    Gioco Celtico

    Numero di giocatori: 2
    Durata: da 30 minuti a un paio d'ore
    Materiali: Legno, vetro
    Misure: cm 40 x 40 x 8,5

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    Un po' di storia
    Il nome è irlandese e il suo significato è traducibile in “saggezza di legno”, la stessa radice è stata ritrovata anche nel nome gallese (gwyddbwyll), indice di un’estrema antichità del nome e – di conseguenza – anche del gioco in sé. Non ci sono, però, ritrovamenti archeologici certi che possano darci delle indicazioni; spesso si fa riferimento al ritrovamento della tavola di Balinderry sebbene questa sia, più probabilmente, una variante tafl nota con il nome di Brandubh che non un reperto associabile al Fidchell. Questa confusione non è molto giustificabile visto che le poche fonti su questo gioco e quanto ci è noto dei giochi della famiglia tafl presentano alcune divergenze: mentre il Brandubh, il Hnefatafl e il Tablut sono asimmetrici (in cui un giocatore muove il doppio dei pezzi rispetto all’altro), il Fidchell viene menzionato nei poemi irlandesi come un gioco con un pari numero di pedine. Inoltre, questo gioco viene citato come tramite tra re e dèi, con un carattere divinatorio e mistico assente negli altri giochi; a conferma di questo, se vogliamo, c’è anche il fatto che il Fidchell viene associato al dio Lugh, che lo avrebbe inventato e al figlio Cú Chulainn che ne era un giocatore formidabile.
    Non essendoci dei ritrovamenti archeologici certi relativi al gioco, ci siamo basati sulla ricostruzione fatta dall’inglese Nigel Stuckling che ha basato i suoi studi su quanto noto della mitologia e del folklore celtico che si rifà alla circolarità delle stagioni, ai cerchi sacri dei druidi e a tanta parte dei decori rinvenuti in gioielli e frammenti di stoffa.

    PORTA DADI CELEBRATIVO 30 ANNI DI LUCCA COMICS

    Per poco e non per tutti, entra a catalogo una primizia da collezione in collaborazione con Lucca Comics and Games!

    Un porta dadi a 6 spazi finemente intarsiato con un pozzo lancia dadi con fondo in pelle inciso a caldo con il logo ufficiale di Lucca Comics 2023.  

    Pezzo da collezione esclusivo
    Si tratta di una tiratura super limitata di soli 30 pezzi, uno per ogni anno compiuto dall'evento Comics&Games più grande e più amato d'Italia: dal 1994 al 2023, sarà possibile acquistare l'anno o il numero di vostra preferenza (finché disponibile).

    €250

    Porta dadi da collezione pezzo unico numerato

    Materiali: Legno - pelle
    Misure: cm 28 x 24 x 5

    Preordinalo subito!










    Pezzi disponibili: 4


    Il porta dadi del 1993, il numero 0, non è in vendita.

    Ogni porta dadi viene venduto corredato da due set di dadi poliedrici, colori casuali.

    ATTENZIONE: Non adatto ai bambini di età inferiore ai 3 anni. Contiene parti piccole che possono creare un rischio di soffocamento, è richiesta quindi la supervisione di un adulto.


    T'Shu P'u

    Lo T'shu p'u è un gioco cinese di percorso che può essere giocato anche a squadre; tutt'ora giocato in alcune aree della Cina, deriva dal più antico Pachisi indiano ed è stato introdotto in Cina durante la dinastia Wei (220-265 d.C.).
     
    Scopo del gioco: Lo scopo del gioco è lo stesso sia che si giochi ognuno per sé, sia che si giochi in squadra: far percorrere tutto il tabellone ai propri pezzi e arrivare al centro da dove li si può rimuovere dal gioco, portandoli “a casa”, per entrambi i componenti della squadra prima della squadra avversaria.

    L’unica vera differenza sta nei tempi e nelle strategie da applicare per vincere!

    €60

    Gioco cinese

    Numero di giocatori: 2 - 4 
    Durata: 45' - 60'
    Materiali: Legno 
    Misure: diam. 21 cm, alt. 5 cm

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    Un po' di storia
    Lo T’shu p’u, come già detto, una versione cinese dei vari giochi di percorso a forma di croce giocati in India (il Pachisi e il Chaupur) e una fonte risalente alla dinastia Sung (dal 960 al 1279 d.C.) racconta che sia stato introdotto in Cina durante la dinastia Wei.

    È stato molto popolare fin oltre il 1000 d. C., decadendo poi progressivamente; a oggi comunque è ancora abbastanza giocato nelle zone rurali del nord del paese. Tuttavia, nonostante la sua diffusione, è un gioco da tavolo di cui si parla poco, preferendogli il suo progenitore indiano benché le meccaniche di gioco siano le medesime.

    Derivando dal più antico Pachisi, che è poi stato portato anche negli Stati Uniti nel corso del XIX sec., lo T’shu p’u può essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio antesignano dei moderni "Ludo" e "Non t’arrabbiare!" (o "Stai calmo!", nome della versione attuale).

    ATTENZIONE: Non adatto ai bambini di età inferiore ai 3 anni. Contiene parti piccole che possono creare un rischio di soffocamento, è richiesta quindi la supervisione di un adulto.


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